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Ombre cinesi

Sono ormai un paio di mesi che sono aperte le votazioni per l’Annual Achievement Award for Science Fiction and Fantasy 2024, meglio conosciuto come premio Hugo in omaggio a Hugo Gernsback, fondatore nel 1926 della prima rivista di fantascienza del mondo, Amazing Stories, e non si sono ancora placate le polemiche relative all’edizione precedente, fortemente condizionata dalle manovre censorie del governo cinese che hanno impedito l’ammissione di opere e autori alle votazioni finali. Qui di seguito alcuni link a dettagliati resoconti:

La scelta di tenera l’edizione del  2023 della Worldcon, la convention durante la quale vengono consegnati i premi votati dal pubblico della stessa, a Chengdu in Cina ha ribadito la tendenza dei regimi illiberali a strumentalizzare qualsiasi evento allo scopo di rendere la propria propaganda più efficace, eliminando qualsiasi accenno di dissenso. Alla base della scelta Chengdu c’era l’idea che fosse tempo che la principale convention mondiale di fantascienza fosse ospitata da un paese con un potenziale di un miliardo di lettori/spettatori, dimenticando  però che quello che conta è la volontà dell’élite al potere. Vale la pena di riassumere in breve come il partito al potere in Cina abbia visto in tempi diversi la fantascienza. Nella prima parte dell’era maoista, in ossequio ai precetti del realismo socialista, venne utilizzata soprattutto come uno strumento di divulgazione scientifica. Durante la Rivoluzione Culturale, lanciata da Mao nel 1966 per rafforzare il suo potere e liberarsi di tutte le “forze revisioniste”, la fantascienza venne pesantemente censurata. Tacciata di esporre argomenti filo imperialisti venne poi praticamente cancellata. La fantascienza cinese conobbe un grande rilancio dopo che nel 1978 venne proclamata la “primavera della scienza”. Durante la stagione della riforma di Deng Xiaoping la fantascienza diventò un canale per rappresentare le ambizioni cinesi in campo tecnologico. Negli ultimi anni la fantascienza ha ricevuto una nuova spinta, in parte grazie alla bravura di alcuni autori, ma soprattutto per il pesante intervento del governo, che ha capito che le ambizioni di potenza devono essere accompagnate da una certa dose di soft power, e ha favorito una serie di produzioni cinematografiche ad alto budget che creano una nuova mitologia in cui i buoni che salvano il mondo sono i cinesi, un mondo dove i rapporti di forza non sono più quelli dei film di Hollywood. Un esempio per tutti è The Wandering Earth, il film cinese più costoso di sempre, intriso di nazionalismo e non a caso candidato al premio Hugo 2024. E qui veniamo alle ombre cinesi che si allungano ancora sull’Hugo: poiché alla prima fase di proposizione dei finalisti prendono parte tutti i partecipanti alla convention dell’anno corrente e quelli dell’edizione precedente, va da sé che i numerosi cinesi che hanno partecipato alla scorsa edizione hanno promosso scelte “patriottiche”; difficile dire quanti per reale adesione alle ambizioni governative e quanti per quieto vivere. La conseguenza di tanta “attiva” partecipazione è che non c’è praticamente nessuna categoria “importante” che non veda tra i finalisti una proposta cinese. Ci spieghiamo in merito a che cosa intendiamo per importanti, o meglio, quelle che il governo cinese intende per importanti: tutte quelle destinate alla commercializzazione e vasta distribuzione. Infatti i titoli cinesi sono assenti in tutte le categorie dedicate al fandom, fatto salvo quella per il Best Fancast nella quale il candidato cinese, solo per il fatto di esistere nella sezione più censurata e controllata di internet dimostra quanto aderente debba essere ai dettami del governo cinese. Alla fine di questo post non possiamo che raccomandarvi di guardare alle produzioni cinesi con occhio critico e raccomandarvi  la lettura delle opere di Rebecca F. Kuang e Xiran Jay Zhao entrambe espunte dalla lista dei finalisti della scorsa edizione degli Hugo per demeriti politici.